Provo sempre grande tristezza quando raccolgo testimonianze relative a pessime esperienze di rapporti tra scuola e famiglia.
E’ raccogliere dolore, sconfitta soprattutto vissute e patite dal bambino/a che si trova veramente schiacciato, soffocato da quegli adulti che lui ama e che dovrebbero essere sinonimo di protezione, comprensione, sicurezza indispensabili per poter sviluppare i suoi talenti e i suoi sogni.

Quando un bimbo viene alla luce porta un mistero immenso.
Il primo e più grande insegnamento che ci porta e la riscoperta della fiducia incondizionata.
Lui/lei ci ama e si fida di noi.

Come famiglia prima e scuola subito dopo, abbiamo la gioia, la responsabilità di rappresentare i due nuclei sociali fondamentali affinchè la fiducia non venga tradita e grazie ad essa cresca e si sviluppi appieno quel mistero che scorgiamo nel neonato che si affida al mondo.
Trovo spesso famiglie che controllano l’operato della scuola. Esigono, vogliono decidere: controllano.
Dall’altra parte parlo con insegnanti spesso giudicanti nei confronti delle famiglie, lontani dalla passione professionale, stanchi, demotivati, preoccupati della compilazione del programma e provati dagli aspetti burocratici più che dalla gioia del loro operare quali formatori.
Siamo in un momento storico in cui delegare ad altri responsabilità è l’atto che ci rende “idonei” .

Siamo in una società in cui il grado di competitività sembra essere l’unico indicatore di possibilità di successo.
Deleghiamo alla scuola, allo psicologo, al medico, ad altri. E d’altra parte siamo pronti a colpevolizzare le famiglie.

Non ci sono più chiari i nostri ruoli: non ne conosciamo più la bellezza e l’unicità e ci adoperiamo nel criticare quelli degli altri che presumiamo di conoscere al dettaglio.
Vorrei fare un appello alla bellezza della vita. Vorrei fare un appello perchè ci soffermassimo ad osservare quanto i nostri figli, i nostri allievi, tutti i bambini del mondo siano meravigliosi.

Vorrei sederci tutti insieme a riscoprire la bellezza e l’opportunità meravigliosa che abbiamo da genitori e la sorprendente importanza dell’essere insegnanti ad ogni grado della scala formativa scolastica in cui ci troviamo impegnati professionalmente.

Da soli non combiniamo nulla , e le future generazione non potranno fare altro che scappare e diventare tristi, arrabbiati…sconfitti in partenza.
Spesso i disagi dell’adolescenza sono le grida di quei bambini a cui abbiamo mancato di rispetto attraverso il controllo, il giudizio , e/o l’abbandono, il disinteresse, la critica … sia come famiglie che come scuola. Quando non abbiamo assicurato loro ritmi, regole, bellezza, scoperta, attesa che tutelavano la loro età, la loro meraviglia , il loro mistero.

Cosa vuol dire essere genitore oggi?
Qual’è il mio compito di madre e/o di padre?
Io, come insegnante …cosa voglio, devo , posso fare?
Quali sono le responsabilità degli uni e degli altri?
Come possiamo scoprire che se lo vogliamo possiamo diventare una rete che protegge, tutela, forma l’essere umano di domani …?
Come possiamo capire che spesso rappresentiamo una rete da pescatore che tiene racchiuso il pesce, che permette e istiga i figli e/o allievi a perdere meraviglia verso se’ stessi, l’altro, il mondo e devozione per la verità, la conoscenza?

Quante meravigliose opportunità sono nascoste in queste domande.
Mi permetterei di suggerire ai genitori e agli insegnanti di trovare strade per riappropriarsi del loro personale mistero, di ritornare in se’ stessi, di riacchiappare i propri sogni, le motivazioni che li hanno spinti a scegliere il ruolo che oggi ricoprono e di lì ripartire…
Comunicare, guardare attentamente l’altro, riprendersi il proprio ruolo e solo quello.
Giocare (mettersi in gioco…) per riconquistare il senso di responsabilità rispetto al nostro qui ed ora.
Riprenderci la libertà di essere felici nel nostro compito. Essere esempio di responsabilità, gioia. Presenza, rispetto. Questi sono i veri aspetti della prevenzione a disagi psicologici e sociali.
Un impegno coraggioso, dignitoso di ognuno di noi (sia famiglia che insegnanti) a rispettare l’essere umano che è un mistero e che si fida di noi.
Si fida di me…ed io devo essere degno di fiducia. Sempre, anche quando non sono con lui.